martedì 11 maggio 2010

Otto

Ho appena finito di tradurre dal latino il primo libro delle Confessiones di Aurelio Agostino. Apparentemente è facile, a parte quando il buon retore-riciclato-vescovo si mette a snocciolare termini neoplatonici. In ogni caso amo profondamente quest'opera, che ho scoperto l'estate scorsa e cui mi sto riavvicinando adesso con qualche strumento concettuale in più. Non serve essere credenti per lasciarsi trascinare dalla passionalità e dalla sensibilità esasperata di un uomo che ha dato una risposta straordinaria a quella che per tutti noi è, semplicemente, la ricerca del senso.
No, non è solo questo, mentirei se sostenessi soltanto che sono affascinata dalla personalità di un uomo di quarantatré anni che nel bel mezzo di un impero allo sfascio ha scritto il primo Bildungsroman della storia letteraria europea, intercalandolo con grandiose digressioni filosofiche e teologiche, prefigurando in certi tratti quella che è la nostra psicologia del profondo, commuovendosi e facendo commuovere millesettecento anni di lettori con le sue riflessioni sulla bellezza ed i suoi canti d'amore per la forma più alta d'Amore che è riuscito a concepire. Non è solo questo. E allora cosa?
C'è che io mi sono innamorata. Mi sono innamorata delle lettere e dello studio. Amo quello che faccio. Amo studiare. Provo un piacere quasi fisico nel meditare testi in lingue solo pregiudizialmente "morte", che acquistano nuova vita tra le mie mani che si muovono su un foglio imbrattato d'inchiostro e sudore o su una tastiera. Amo passare le notti a leggere e scoprire che un uomo di duemila anni fa, lontanissimo per cultura, spiritualità, origini, idee politiche, non è diverso da me per esperienze e sentimenti. Tutti ci siamo sentiti come in quel frammento greco che reca scritto «Non ho ancora diciannove anni e già sono stanco di vivere», tutti abbiamo avuto le reazioni di smarrimento di fronte alla persona amata che ebbero Saffo e Catullo, tutti abbiamo sperimentato l'inquietudine e l'angoscia di un mondo senza più centro - dai rivolgimenti politico-sociali dell'ellenismo al vertiginoso cadere in cielo di Pascoli, fino ai giorni nostri, il passo è più breve di quel che sembri. Mi sono innamorata, sic et simpliciter. Mi sono resa conto di non aver mai amato un uomo nel modo in cui amo lo studio, il sapere. Philo-sophia: non è forse questo?

1 commento:

  1. Errata corrige: era «Non ho ancora ventidue anni e già sono stanco di vivere». Comunque è di Asclepiade di Samo, nato intorno al 320 avanti Cristo.

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