lunedì 29 novembre 2010

Venticinque

I cried the other night, I can't even say why

Sento una certa tristezza, mista a malinconia, che non so spiegarmi. Non mi manchi, figurati. Come potresti? Sto molto meglio da quando non ci sei. Non mi sono mai sentita tanto libera. Eppure c'entri ancora tu con il mio malessere. Ultimamente ho pensato spesso a te: a come mi hai illusa, e mentito, a come mi hai promesso mari e monti e non hai saputo – o voluto – mantenere alcunché. E dire che ti stavo tutta in una mano. Forse è stato proprio questo il problema: essermi fidata di te e affidata a te. Quando mi dicevi tutte quelle belle parole – che ero unica al mondo, che ero il tuo amore, che non avresti potuto vivere senza di me e che avresti voluto un figlio da me – non potevo non crederti, solo una persona completamente insensibile poteva riuscirci. Ti ho amato totalmente e profondamente. Mi hai mai amata? Vorrei tanto chiedertelo. Vorrei poter parlare con te senza litigare, senza recriminazioni né schermaglie ormai inutili. Mi hai mai amata? Io non lo credo. Stavi con me perché ti faceva comodo, perché in fondo non ero così esigente e mi accontentavo di poco, perché il mio corpo era sempre disposto a darti piacere. Sono stata la tua puttana. Vero? Avessi avuto almeno il coraggio, la decenza di ammetterlo. In fondo l'ho sempre saputo. Ne ho avuto l'intima certezza allorché la mia amica M. mi ha raccontato che non ti comporti diversamente con la tua attuale ragazza. Per te non siamo che questo, noi donne. Sei incapace di amare, e alla fine hai reso incapace di amare anche me. Per questo adesso non riesco a tenermi un uomo neanche se ci mette mano il Padreterno: non mi fido di nessuno di loro, penso che prima o poi finirebbero per farmi quello che mi hai fatto tu. Sono stata la tua puttana, adesso sono loro le mie puttane.

This one goes out to the one I love, this one goes out to the one I've left behind, a simple prop to occupy my time...